Self-taught artist and poet Enzo Cucchi rose to prominence in 1979 when Italian art critic and curator Achille Bonito Oliva included him in a group exhibition in Genazzano alongside Francesco Clemente, Nicola De Maria, Mimmo Paladino and Sandro Chia. In a text accompanying the exhibition, Oliva named this informal group of artists La Transavanguardia (the ‘Transavantgarde’), a term he coined to highlight their break from the aesthetic concerns of the previous decades.
In the 1960s and early 1970s, movements like Arte Povera and Conceptualism challenged traditional definitions of art. Arte Povera artists protested the commodification of art by embracing humble, often ephemeral materials, while Conceptual artists – with a similar anti-capitalist sentiment – emphasised that art could be a process or idea rather than a physical object. In contrast to their avant-garde predecessors, Cucchi and his peers were uninterested in the relentless pursuit of the ‘Shock of the New’. Instead, they sought to reclaim the expressive potential of figurative art, returning to traditional mediums like painting and drawing, and exploring themes such as spirituality, emotion and the subconscious.
The thought of the horse was produced in 1981, one year after Cucchi established a studio in an old church in Gallignano, Ancona. Thanks to the soaring ceiling height of his new studio, Cucchi’s drawings grew to enormous proportions, with The thought of the horse measuring nearly four metres wide.
Cucchi’s work often engages with thresholds – between past and present, life and death, reality and myth. Perhaps inspired by the church setting in which it was created, The thought of the horse loosely resembles an altarpiece containing multiple devotional scenes. The work is divided in half by a blackened piece of wood, which mimics the height and width of a tree-like form on the left-hand side of the composition. By affixing a physical object to his support, Cucchi both emphasises and disrupts the flatness of the picture plane, exploring the tension between the real and the symbolic.
Through his juxtaposition of seemingly unrelated, ambiguous imagery, Cucchi creates a dreamlike sequence that resists rational explanation. On the right-hand side of the composition, horses hover in a plume of smoke emanating from a steamboat, like spirits departing the corporeal realm. To the left stands a looming, naively drawn figure. The half-circle of negative space above the figure’s head is legible as a sun, or as an opening to another dimension. At the same time, it recalls a flat, disc-like halo, like those adorning the heads of saints in the works of early Renaissance masters such as Giotto and Masaccio – two of Cucchi’s major artistic influences.
Although Cucchi draws inspiration from Ancona’s dramatic topography and the pagan, Catholic and folkloric legacies of his homeland, the artist does not represent specific sites or legends. Rather, Cucchi attempts to capture the elemental forces that underpin existence. Gesturing toward the myriad stories we tell in an attempt to make sense of the unknown, Cucchi suggests that while these narratives leave an enduring mark on the present, the mysteries of universe remain beyond human comprehension.
Eva Christoff, Curatorial Project Officer, Prints and Drawings, National Gallery of Victoria
L’artista e poeta autodidatta Enzo Cucchi salì alla ribalta nel 1979 quando il critico d’arte e curatore italiano Achille Bonito Oliva lo inserì in una mostra collettiva a Genazzano insieme a Francesco Clemente, Nicola De Maria, Mimmo Paladino e Sandro ChiaIn. Nel testo di presentazione che accompagnava la mostra, Oliva definì questo gruppo informale di artisti come la “Transavanguardia”, un termine da lui coniato per sottolineare la rottura con le preoccupazioni estetiche dei decenni precedenti.
Negli anni Sessanta e nei primi anni Settanta, movimenti come l’arte povera e il concettualismo misero in discussione le definizioni tradizionali di arte. Gli artisti appartenenti al movimento dell’arte povera protestavano contro la mercificazione dell’arte utilizzando materiali umili e spesso effimeri, mentre gli esponenti dell’arte concettuale, mossi da un simile sentimento anti-capitalista, sottolineavano che l’arte poteva essere un processo o un’idea piuttosto che un oggetto fisico. A differenza dei loro predecessori avanguardisti, Cucchi e i suoi colleghi non erano interessati all’incessante ricerca dello “shock della novità”. Al contrario, cercarono di recuperare il potenziale espressivo dell’arte figurativa, facendo ritorno a mezzi tradizionali come la pittura e il disegno, ed esplorando temi come la spiritualità, l’emozione e il subconscio.
Nel 1981, un anno dopo aver aperto uno studio in una vecchia chiesa di Gallignano in provincia d’Ancona, Cucchi creò l’opera Il pensiero del cavallo. Grazie all’altezza del soffitto del suo nuovo studio, i disegni di Cucchi raggiunsero proporzioni enormi. Il pensiero del cavallo misura, infatti, quasi quattro metri di larghezza.
Le opere di Cucchi si confrontano spesso con il tema delle soglie: tra passato e presente, vita e morte, realtà e mito. Forse ispirato dall’ambiente ecclesiastico in cui è stato creato, Il pensiero del cavallo assomiglia vagamente a una pala d’altare contenente molteplici scene devozionali. L’opera è divisa a metà da un pezzo di legno annerito, che imita l’altezza e la larghezza di una forma arborea sul lato sinistro della composizione. Apponendo un oggetto fisico al suo supporto, Cucchi enfatizza e al contempo stravolge la piattezza dell’immagine, esplorando la tensione tra reale e simbolico.
Attraverso la giustapposizione di immagini ambigue e apparentemente non correlate, Cucchi crea una sequenza onirica che resiste alla spiegazione razionale. Nella parte destra della composizione, vediamo librarsi dei cavalli in un pennacchio di fumo emanato da un battello a vapore, come spiriti che lasciano il proprio corpo. A sinistra si erge una figura incombente e ingenuamente disegnata. Il semicerchio di spazio negativo che sovrasta la testa della figura è leggibile come un sole o come un’apertura verso un’altra dimensione. Allo stesso tempo però, ricorda anche un’aureola piatta, come se fosse un disco, simile a quelle che adornano le teste dei santi nelle opere di maestri del primo Rinascimento come Giotto e Masaccio, due delle principali influenze artistiche di Cucchi. Sebbene Cucchi tragga ispirazione dalla drammatica topografia di Ancona e dai retaggi pagani, cattolici e folcloristici della sua terra, l’artista non raffigura siti o leggende specifiche. Il suo tentativo è piuttosto quello di catturare le forze elementari che sono alla base dell’esistenza. Facendo riferimento alla miriade di storie che vengono raccontate nel tentativo di dare un senso all’ignoto, Cucchi suggerisce che mentre queste narrazioni lasciano un segno duraturo sul presente, i misteri dell’universo rimangono al di là della comprensione umana.
Eva Christoff, Curatorial Project Officer, Stampe e Disegni, National Gallery of Victoria
Enzo CUCCHI
The thought of the horse 1981
(Il pensiero del cavallo)
charcoal and synthetic polymer paint on paper on wood and canvas
(a-c) 280.1 x 390.0 cm (overall)
National Gallery of Victoria, Melbourne
Purchased, 1982
EA2.a-c-1982
© Galerie Bruno Bischofberger, Maennedorf-Zurich, Switzerland